di Valeria Zeppilli - Nel 2015, il decreto legge numero 83 è intervenuto a dettare delle misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria, che hanno cambiato di nuovo, a distanza di poco tempo dall'ultimo intervento, il processo esecutivo (leggi: "Ecco come cambia (ancora) il processo esecutivo. Tutte le novità del decreto legge n. 83/2015 in vigore dal 27 giugno").
Tra le varie novità contenute nel provvedimento, vi è anche la previsione in forza della quale la vendita dei beni frutto dell'espropriazione forzata, immobili o mobili registrati, può avvenire solo online, per il tramite del nuovo portale unificato delle vendite pubbliche.
In particolare, al fine di rendere più celere e soprattutto trasparente la procedura, la pubblicità sul portale è stata prevista come obbligatoria, pena l'estinzione della procedura (leggi: "Aste giudiziarie: d'ora in poi solo online, sul portale delle vendite pubbliche").
Se da un lato è vero che, per il tramite del nuovo portale, si supera la vecchia frammentazione e tutti possono acquisire le informazioni di interesse con riferimento alle vendite giudiziarie, dall'altro lato è anche vero che ciò non avviene affatto gratis. Anzi: il portale delle vendite pubbliche è un ottimo sistema studiato per far cassa.
Una nuova tassa per i cittadini
Il nuovo articolo 18-bis del d.p.r. n. 115/2002, infatti, prevede che la pubblicazione sul portale di ogni singolo atto esecutivo per il quale la legge dispone che sia data pubblica notizia e che riguarda beni immobili o mobili registrati è assoggettata al pagamento, da parte del creditore procedente, di un contributo pari a cento euro, moltiplicato per ciascun lotto, nel caso in cui questi siano più di uno.
Considerando che quasi ogni processo esecutivo passa, se va bene, per una vendita, è chiaro che per tutti coloro che si trovano costretti a ricorrere alla giustizia per recuperare un credito il peso non è indifferente.
Oltretutto, l'importo è anche assoggettato all'adeguamento triennale alla variazione accertata dall'ISTAT dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, mediante decreto dirigenziale del Ministero della giustizia.
Dove finiscono i cento euro?
Molti penseranno che si tratta di una somma che va a finanziare il portale e che quindi, in un certo senso, non poteva essere evitata o diminuita.
Invece no: i cento euro finiscono, più in generale, nel portafoglio riservato al funzionamento degli uffici giudiziari e all'implementazione e allo sviluppo dei sistemi informatizzati.
In altre parole, si tratta di una vera e propria nuova tassa per i cittadini.
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